sabato 5 giugno 2010

PICCOLO CERRO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010


Grande come si estende un campo, prova ad estendersi il pensiero di esso. Un piccolo esemplare di Quercus Cerris, nascosto tra la vegetazione, offre ampi margini di riflessione. Antiche le tematiche: il desiderio dell’uomo di organizzare lo spazio, di vincere il caos e dare una fisionomia alla natura, un’ansia ancestrale di controllo e sottomissione, possono alterare definitivamente le dinamiche del naturale. L’arbusto che conosciamo è la silenziosa conferma di quel tentativo di riguadagnare terreno dove l’ordine dell’uomo non ha previsto che vi fosse. Ha un gambo esile che si innesta nel terreno come una promessa, foglie che si protendono come a rivendicare una propria autonomia. Si può argomentare che la natura è sempre un discorso “ex novo”, riafferma se stessa secondo nuove modalità, nella nuova veste di tutte le piante che costituiscono il suo lessico di volta in volta. Le “specie pioniere” ad esempio, sono le più battagliere e generose fra le piante: riconquistano i terreni impoveriti o degradati creando le premesse per nuovi insediamenti vegetali dopodichè muoiono.
Il cerro sarà una piccola nota di un ottimo fieno ma la mattanza delle piante di un antico campo di orzo non preoccupa: la natura infatti rigenera se stessa con la stessa tenacia con cui il contadino cerca di arginarla. E’un movimento ciclico di generazione e riassorbimento, meccanica ed entropia.
Il cerro diviene una possibilità di scrittura di un paesaggio ancora diverso, da zolla di terra incolta, a fitta trama di spighe di orzo; oggi lo consideriamo un atto di resistenza nei confronti dell’uomo abituato a sovrapporre alle cose i suoi bisogni, scopi e profitti.

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