giovedì 25 marzo 2010

Sul cucuzzolo




'A te ti ho gia' capito, con il tuo ciuffetto di erba cipollina sotto braccio..'
uhmm
Il 'me', che scrive di vizio in seconda persona.
Sei voluto andare nel campo di orzo, che adesso unitariamente riconosciamo come tale. Non era grano, hai avuto i tuoi primi dubbi quando hai visto le foto dei manifesti, le conferme pian piano si sono presentate.

Sei voluto andare sul cucuzzolo, la parte piu' alta di un' espanso di circa 2 ettari, a nord della Fondazione.
Durante la settimana passata, durante le tue passeggiate/investigazioni mattutine hai pian piano trovato un passaggio fra la vegetazione.
Un sentiero imporovvisato per meta' e per meta' gia' tracciato dai due cani che vivono qua'.

Sei voluto andare sulla parte piu' alta con un'idea precisa, portare il resto del gruppo a confrontarsi con la posizione assunta dalla nostra specie, confrontarsi con le altre.

Volevi partire con il racconto della tua visita a Uluru, il monolite al centro del continente australiano, a circa 15 mila chiliometri di distanza, per giocare sul concetto di esotismo (il fascino esercitato da realta' cosi' distanti) e presentare un parallelismo.
Uluru-Kata Tjuta National Park e' un'area altamente turistica dell' Australia, co-gestita dal governo e dagli abitanti tradizionali, il popolo Anangu.

C'e' una cordata su un versante di Uluru, tramite la quale si puo' raggiungere la vetta del monolite.
C'e' anche un cartello con su' scritto ( a memoria) "Attenzione, non cimentatevi su' per il monte se siete deboli di cuore, la salita e' lunga e nei giorni afosi molto estenuante, portatevi acqua e indossate un cappello. Il popolo Anangu, preferirebbe che voi non saliate su Uluru, in quanto gli manchereste di rispetto"

Volevi guidare il discorso verso il concetto di rispetto, ma non ce ne stato bisogno, il discorso e' caduto su questo tema senza neanche il bisogno di stratagemmi arroganti come il ricorso al fascino verso le culture antiche.

Qual'e' il ruolo dell' arte in questi tempi di emergenza ambientale?

Di creare un nuova sensibilita' verso le altre speci?
Di divulgare un rispetto verso il resto del vivente, in quanto parte integrale del nostro soppravvivere come specie?
Di criticare la tendenza del mercato selvaggio di trasformare qualsiasi emergenza/tendenza in guadagno economico?
Che senso per l'arte essere 'un'altra voce nel coro' quando vari intenti nobili di sensibilizzazione vengono dirottati e appropriati , come minimo in termini di lessico, da vari stratagemmi di mercato?
(oggigiorno si vendono addirittura le automobili sotto la bandiera di eco-sostenibilita')

Si e' passati velocemente al mettere tutto in discussione di nuovo, distruggendo il concetto di rispetto in quanto assume posizioni di alterita', per divulgarsi in aspetti interessanti di nomenclatura.
Il lessico come strumento di potere.
Il bisogno di catagolazione e l'uso implicito di classificazioni per definire l' 'altro', nel nostro caso le piante sotto i nostri piedi.

martedì 23 marzo 2010

SUI FIORI GIALLI (considerazioni estemporanee)


«Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore».Quando Monet dipinse il “Campo di fiori gialli”(1924-25) certamente, da giardiniere esperto, si era premurato di chiarire la natura di quei fiori: si trattava in questo caso di Iris gialli.

Mi veniva in mente poiché, qualche giorno fa, passeggiando con Diego per il prato della Fondazione ci siamo imbattuti in alcune specie di fiori gialli. Questi, mi spiegava Diego, che si incontrano comunemente nei prati, sono tantissimi e impercettibilmente differenti l’uno dall’altro, tanto che classificarli correttamente talvolta è lavoro da specialista.

Chi studia l’arte, azzardo a dire, è abituato a ragionare per immagini: nella memoria ferma istintivamente colore e forma delle cose. Così, completamente incompetente sul “che cosa”, ma pieni gli occhi di quel giallo andavo in cerca di informazioni…

Il più comune e diffuso fra i fiori gialli, è forse il fiore del “Taraxacum officinale”, pianta di cui si documenta l’uso sin dall’antichità. Essa veniva impiegata per le cure medicamentose e in alcune zone europee, dal fiore si ricavava una buona marmellata e dalle radici un surrogato del caffè. Altri nomi suggeriti su Wikipedia: “dente di leone”, “soffione” o dialettalmente “piscialetto” (secondo una leggenda veneta il bambino che ne coglie uno bagna il letto la notte).

Ancora Diego, mi informava che i fiori gialli sono altresì chiamati “Fiori maledetti”. E questo, del tutto personalmente, fa affiorare assonanze letterarie con la poesia. In proposito pubblico l’ “ode ad alcuni fiori gialli” di Pablo Neruda e la poesia n° 1519 del 1881 di Emily Dickinson -la quale teneva un “Herbarium”- che parla proprio del soffione.

“Contro l'azzurro movimento i suoi lapislazzuli,
il mare, e contro il cielo,
alcuni fiori gialli.
Ottobre arriva.
E benché sia
così importante il mare che svolge
il suo mito, la sua missione, la sua grandezza
esplode
sull'arena l'oro
di una sola
pianta gialla
e si legano
i tuoi occhi
alla terra,
fuggono dal grande mare e dai suoi palpiti.
Polvere siamo, saremo.
Né aria, né fuoco, ne acque,
ma
terra,
solo terra
saremo,
e forse
alcuni fiori gialli”.


“La pallida colonna del soffione
sgomenta l'erba — ed ecco
che l’inverno d'un tratto si trasforma
in un coro di gemiti infinito—
Una sontuosa gemma dallo stelo
spicca seguita da un fiore sgargiante —
sono i soli che danno l'annuncio
delle esequie compiute”.


Per quanto riguarda il significato del colore giallo è spiegato in un libro, curioso quanto squisito, che affronta la simbologia dei colori durante le epoche storiche, come cambia e come arriva fino a noi. A chi interessasse si tratta de “Il piccolo libro dei colori”. Intanto un piccolo estratto: “(…) il giallo è l’estraneo, l’apolide, quello di cui si diffida e che è votato all’infamia. Giallo come le foto che sbiadiscono,le foglie che muoiono, come gli uomini che tradiscono. Gialla era la veste di Giuda...”

E infatti, strana coincidenza, i fiori gialli proprio come Giuda, traggono in inganno…

S.

lunedì 22 marzo 2010

stavo facendo una ricerca serendipitosa su internet e lo sguardo è caduto su due righe scritte da Zygmunt Bauman....e mi sono venute in mente le piante della fondazione...e i discorsi sulle monocolture intensive.Dice:

"la prima fase della modernità è il tempo meglio descritto dalla metafora dei "giardinieri". Ogni giardiniere parte da un'idea, un progetto di giardino, in cui ogni pianta viene classificata in termini di compatibilità e funzionalità con il progetto. Tutto ciò che non entra nell'ordine pensato è erbaccia da sterminare, strappare. la modernità è dunque la costruzione di un ordine a partire dal caos; essa significa manipolare la probabilità, trasformando la probabilità in profittabilità..."