martedì 29 giugno 2010

CHI, COSA, COME



Questo Blog e' il diario di bordo di un gruppo di lavoro creatosi in ambito del programma Residenze d'Artista presso la Fondazione Baruchelllo, Roma.
Durante tre mesi di residenza dell'artista Italo-Australiano Diego Bonetto, incontri settimanali con studenti e storici dell'arte hanno permesso di indagare il rapporto tra arte e natura, la ricerca e l’analisi delle diversità presenti in essa, il significato di interventi oggi definiti “site-specific”.
I temi in questione sono scoperti e trattati non soltanto tramite lo studio di quanto sta avvenendo oggi nel mondo dell’arte, ma anche tramite la più concreta pratica sul campo.

Il Blog e' stato chiuso e adesso rimane come testimone online del lavoro fatto, dei temi trattati, dele discussioni aperte e delle risoluzioni attentate.
Si consiglia di cosultarlo partendo dall'inizio per poi risalire:

Il primo articolo

lunedì 28 giugno 2010

Immagini



www.flickr.com



mercoledì 9 giugno 2010


LA CIVILTà DEL RIUSO!

- nessuna parola, un minuto di silenzio -

martedì 8 giugno 2010

sul sentiero On Nature

Incamminarsi sul sentiero On Nature è un pò affidarsi alla scoperta di cose che sono sempre con noi, un pò di ognuno di noi, uomini su questa terra, e che non vediamo.
Prendi la mappa e inizia a camminare.
Il percorso è semplice, devi solo andare avanti, ma lo sguardo può prendere infiniite direzioni.
Trovi in questa sorta di pellegrinaggio, vissuto da più persone in questo periodo, immagini, pensieri, la "natura" come luogo fisico, luogo del nostro vissuto, luogo della mente.
Praticamente cammini sul percorso stabilito da Diego, che sorpassando il verde prato occupato qua e là da alberi di varie specie, passa attraverso il bosco, poi esce ai limiti del campo, per poi risalire su per la collina fino al solitario cerro, da cui si vede la "confusione ordinata" della natura ma anche qui un timido imporsi della mano umana con alcune paradossali ville in lontananza, e ancora si trasforma in una timida stradina non più sterrata ma con le tracce di una abbandonata strada comunale, che guarda un frutteto a braccetto con capannoni pieni di oggetti destinati al lavoro umano.
E ancora cammini e ancora vivi una metamorfosi, il paesaggio cambia, costeggi il muro della fondazione , la dimora umana, e ancora risali su per il cocuzzolo, in mezzo all'"erba" alta, ancora da tagliare, da districare, ti fermi un attimo, individui il percorso stabilito per il tuo andare, che è quello già percorso da altri prima di te, dagli animali, dai cani, dagli uomini: come l' antica via della seta: passaggi obbligati stabiliti dalla storia, e dalle generazioni che ci hanno preceduto.
Nel tuo andare incontri altre comunità, altre organizzazioni di vita, come quella delle formiche, e scopriamo come si condivide lo stesso suolo, lo stesso tempo, la stessa acqua, la stessa aria.
Questo è solo uno dei possibili strati di osservazione, i rimandi sono infiniti, come le possibili realtà che ogni essere vivente può vivere e deve affrontare ogni giorno. La mappa fisica, cartacea e la mappa del pensiero coincidono? si confondono? si contrappongono? si superano, si colmano? è tutta la stessa realtà che porta ad infinite altre verità.
Così credo che guardi il prospetto disegnato, cosi accanto guardi il percorso della tua mente, che ha radici nel mondo e si disperde nel pensiero, o che può essere anche il contrario: il pensiero disperde le sue radici nel mondo. Il punto può essere come vediamo la realtà e che rappresentazione ce ne facciamo? Quale sia la rappresentazione forse è il punto per capire cosa immaginiamo, cosa vorremmo, e quindi cosa e come cambiaremo; capire cosa vediamo per capire cosa vedremo.
Per questo essere consapevoli e sforzarsi di guardare ciò che ci circonda è la nostra unica possibilità di sopravvivenza, la complessità porta a far domande, finchè non smetteremo di farle avremo una possibilità di cambiare e trasformarci, come la vita, di vivere. Vorrei sapere cosa ne pensate!
valentina

lunedì 7 giugno 2010

eccoci




Oggi te ne vai, la permanenza nelle campagne romane si ferma qui'.
Dovendo tirare le somme ed in preparazione della chiusura di questo blog vorresti fare una lista, una lista di aspetti rimasti aperti, scoperti, affiorati, semplicemente ignorati o addirittura di indirizzo futuro.

Quindi, in ordine sparso:
-L'esibizione nella casetta/galleria (vedi sopra) rimarra' aperta fino a data non ancora definita
-La mappa ed il percorso (che si puo' scaricare qua') e' praticabile e percorribile da qui' all'infinito, di fatto, ufficialmente o meno, diventa parte della collezione della Fondazione Baruchello
-Il gruppo che si e' formato attorno a questo progetto andra' avanti, in quale forma si vedra', ma l'energia al momento spinge verso un proseguimento di intenti
-L'erba e' stata tagliata, il signor Merloni ha finalmente avuto la possibilita' di tagliare il prato per fare il fieno (il Cerro Piccolo dovra' ricominciare da capo)
-da adesso in poi si mette in moto la decentralizzazione di distribuzione: chiunque del gruppo puo' proporre e seguire vie di distribuzione del progetto (sia queste in forma di testi, esibizioni, progetti simili, etc..)
-tu prosegui la tua borsa di studio in Gran Bretagna per un'altro mese, e poi torni dall'altra parte del mondo, Australia, da dove continuerai la comunicazione con il resto del gruppo tramite canali virtuali
-al momento questo blog lo si vuole chiudere con una pagina statica, anche se alcuni gia' parlano di aprirne un'altro o di trovare una piattaforma pubblica di discussione che porti avanti cio' che si e' fatto finora
-mancano ancora alcune cose da finire (tu devi completare l'erbario) ma non necessariamente questo preclude la chiusura di questo blog
-se nel frattempo qualcuno volesse capire che cos'e' questo documento virtuale, suggerisco di iniziare da qua', e da li' risalire
- i cinghiali non sei riuscito a vederli

domenica 6 giugno 2010

TRANSITI

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010




L’ uomo crea i suoi sentieri. Storico-culturali sicuramente. Fisici non proprio.
L’ uomo ha costruito le strade sulle antiche vie, le vie sui percorsi, i percorsi sulle mulattiere, e poi si salta l’ anello di congiunzione. Sono stati gli animali a creare più o meno involontariamente i primi transiti, appoggiandosi ai limiti naturali geologici e vegetali, e sui quali poi l’ uomo è intervenuto.

Simbiosi, cooperazione, collaborazione. Uso su uso e disuso. Così il paesaggio è stato sgomitolato in fili e nastri di terra libera per poter transitare, andare, passare, muoversi.
Paesaggio di passaggi. E continuando la catena si potrebbe aggiungere l’ anello dei paesaggi-passaggi culturali costruiti su quelli fisici artificiali o naturali.
La natura transita e crea un paesaggio. L’ uomo transita e crea un paesaggio.
“Sovra-paesaggio”?

USCITA

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010




Varco da cui si esce o si può uscire. Sul vocabolario della lingua italiana l’ uscita è indicata così. Ma un’ uscita implica la presenza di qualcosa che chiude e che delimita per i motivi più vari. Ed uscita non è l’ entrata.
Uscita è per andar via, forse per fuggire. L’ Uscita esclude l’ altro da noi, lo taglia via. E fuori cosa c’ è?
I cinghiali hanno creato questo passaggio, spavaldi di quel confine tra “selvaggio” e “civilizzato” che tanto terrorizza l’ essere umano e che smuove in lui sentimenti atavici e ancestrali. Queste paure, arroccate ormai su fermi scogli culturali, hanno fatto anche della natura più quieta, come quella delle campagne romane, luoghi popolati da creature feroci, virus letali e piante velenose. Uno scenario quasi primordiale in un mondo ormai impastato e modellato a nostro piacimento.
Passaggio animale, uscita umana quindi. E l’ uomo rimane dentro la sua “comfort-zone” beato e schivo. Forse.
Questo distaccarsi ha fatto dell’ essere umano un essere debole. Anche il polline si è tramutato quasi in virus. E così ci ammaliamo, e ci ostiniamo a farlo standocene sulle nostre rocche asettiche e insegnando a chi viene dopo di noi ad arrotolarsi su vaghe sicurezze.
Cinghiale mostro mitologico che vaga tra inferi e mondo terrestre o semplice “passante”?

sabato 5 giugno 2010

GIARDINO



Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010





“E’ mia opinione che questi giardini non dovrebbero esser giudicati dalla loro forma, ma dalla loro attitudine a tradurre una certa felicità di esistere”. I giardini di cui parla Gilles Clément nel libro “Il giardino in movimento”, esibiscono differenze strutturali particolarmente significative rispetto all’idea che la storia e la critica del paesaggismo ci consegnano. Il giardino storicamente ricalca quell’ aspirazione tutta umana di prevenire il caos applicando alla natura uno schema ordinato di classificazioni e nomenclature che sono proprie della scienza. Il giardino è dunque intrinsecamente depositario di un ordine, di una logica interna e di una finalità. Di tutte le tipologie in tutte le epoche, rinascimentali o all’inglese, “conclusi” o aperti, i giardini hanno rappresentato la natura in una veste rassicurante ed accogliente. Oggi invece, mentre si cerca di ridefinire il rapporto che ci lega allo spazio vegetale ed animale secondo modalità inoffensive di rispetto e salvaguardia, assillati dall’idea dell’irrimediabilità di certi atteggiamenti di sopraffazione e sfruttamento che l’uomo ha perpetrato a danno di se stesso e dunque della natura, v’è un ripensamento del concetto di giardino- “la natura è vagabonda” dice Clément -, nel senso più creativo e animato che esista: si rigenera e organizza al di fuori delle tassonomie e delle schematizzazioni. Allora penetrare in uno spazio dove non sono le geometrie delle aiuole e dei vialetti a scandire la via e orientare il passo, bensì l’incontro e lo scontro degli elementi botanici, i colori che non si armonizzano, i cespugli e i rovi, le piante non disgiunte ma in continua contaminazione tra loro, significa riformulare l’ordine e la posizione dell’essere umano entro il naturale, perché il giardino lo fa e lo pratica la natura, con o senza l’uomo. Il contemporaneo dunque ripensa il giardino, esteticamente ed eticamente come immagine della mobilità.

GRANDE CERRO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



Il cerro che si trova nei campi a sud della Fondazione può essere il punto di partenza per raccontare alcune delle trasformazioni che questo territorio ha attraversato negli ultimi cinquant’anni: gli interventi che la speculazione edilizia avrebbe potuto produrre in questo paesaggio. Non distante da questo albero c’è ancora la traccia di una strada che doveva servire come diramazione della Via Santa Cornelia.
Tra gli anni cinquanta e sessanta erano infatti previste lottizzazioni del territorio per edificare unità abitative residenziali; i terreni da edificabili erano già stati destinati all’agricoltura con la licenza tuttavia ancora di potervi in parte costruire. Uno dei progetti della speculazione prevedeva un centro abitativo con ville, piscine e supermarket, proprio sulla superficie dove si trova il cerro accanto a quella strada che ancora vediamo. Il fatto che tutta questa area di circa dodici ettari sia stata acquistata da un privato nel 1973 ha bloccato, almeno su questa superficie, ogni tentativo di speculazione edilizia. Alla fine degli anni novanta un ulteriore e definitivo provvedimento, ovvero l’istituzione del Parco di Veio, dichiarava tutta la zona che si estende dalla periferia di Roma per una superficie di circa quindicimila ettari, area protetta. Il parco così soggetto a vincolo storico e archeologico, sradicava in maniera definitiva il malcostume politico e anche culturale che per molti anni non aveva che progettato trasformazioni del paesaggio nella direzione della speculazione edilizia e dello sfruttamento commerciale del territorio. Tutto ciò aveva inoltre favorito il fenomeno della cosi detta “edilizia spontanea”, ovvero dell’abusivismo, che ha in pochi anni ha fatto emergere interi quartieri.

PICCOLO CERRO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010


Grande come si estende un campo, prova ad estendersi il pensiero di esso. Un piccolo esemplare di Quercus Cerris, nascosto tra la vegetazione, offre ampi margini di riflessione. Antiche le tematiche: il desiderio dell’uomo di organizzare lo spazio, di vincere il caos e dare una fisionomia alla natura, un’ansia ancestrale di controllo e sottomissione, possono alterare definitivamente le dinamiche del naturale. L’arbusto che conosciamo è la silenziosa conferma di quel tentativo di riguadagnare terreno dove l’ordine dell’uomo non ha previsto che vi fosse. Ha un gambo esile che si innesta nel terreno come una promessa, foglie che si protendono come a rivendicare una propria autonomia. Si può argomentare che la natura è sempre un discorso “ex novo”, riafferma se stessa secondo nuove modalità, nella nuova veste di tutte le piante che costituiscono il suo lessico di volta in volta. Le “specie pioniere” ad esempio, sono le più battagliere e generose fra le piante: riconquistano i terreni impoveriti o degradati creando le premesse per nuovi insediamenti vegetali dopodichè muoiono.
Il cerro sarà una piccola nota di un ottimo fieno ma la mattanza delle piante di un antico campo di orzo non preoccupa: la natura infatti rigenera se stessa con la stessa tenacia con cui il contadino cerca di arginarla. E’un movimento ciclico di generazione e riassorbimento, meccanica ed entropia.
Il cerro diviene una possibilità di scrittura di un paesaggio ancora diverso, da zolla di terra incolta, a fitta trama di spighe di orzo; oggi lo consideriamo un atto di resistenza nei confronti dell’uomo abituato a sovrapporre alle cose i suoi bisogni, scopi e profitti.

giovedì 3 giugno 2010

BOSCO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010


“Nel mezzo del cammin di nostra vostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
che la dritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinnova la paura!”
(Inf,I,1-6)


Il bosco è un luogo al quale ci si può avvicinare in modo sempre diverso a seconda delle nostre
personalità ed esperienze. A volte la paura di questi luoghi ha origine nel ”non sapere” (ancora), o dal senso dell’avventura, nuova, che si può iniziare.
Può essere l’immagine di un luogo incontaminato o di un luogo spaventoso, di un luogo in cui rifugiarsi o in cui trovare una sosta. L’ambivalenza del bosco è proprio questa: ciò che spinge verso di esso è anche ciò allontana. Anche per questo, è stato considerato da sempre il luogo ideale nel quale ambientare racconti ed ogni tipo di fiaba. Nel bosco infatti, la normale dimensione delle cose muta: gli esempi sono molti e in particolare Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Qui il personaggio viene catapultato in un luogo ameno dove le più diverse specie vegetali ed animali prendono vita per partecipare positivamente o negativamente all’esperienza unica della protagonista. I fiori e gli animali della fiaba, le ombre e la luce che filtrano attraverso gli alberi, assumono aspetti diversi, acquisiscono facoltà magiche fino ad esprimere connotazioni del bosco prima immaginate solo nella mente. Ed è nella mente che per lungo tempo tali aspetti vengono custoditi. La psicanalisi studia proprio i processi attraverso i quali la rimozione del desiderio e la frustrazione delle proprie capacità e risorse assuma forme simboliche (sublimate) nei sogni, nelle fantasie e nelle fiabe. Per Carl Gustav Jung, ad esempio, lì nascono gli archetipi. Pertanto l'inconscio può esprimersi nell'immagine archetipica del grande bosco o del mare che l'eroe o l'eroina della fiaba devono attraversare. Il bosco diventa così il luogo dell’immaginario, del fantastico e spesso delle forze naturali ancora originarie. (Valentina Lanzara).

LA VIA DEI CANI

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010


Anche noi esseri umani siamo animali. Come loro, nel corso dei secoli ci siamo modificati ed evoluti rapportandoci e confrontandoci con l’ambiente circostante; ciò che da essi ci distingue è stata la parola (il linguaggio) con cui “diciamo” la nostra capacità di “intendere e di volere”. Aristotele diceva: “L’uomo è un animale parlante” .

E’ questa che ci ha portato ad avere con gli animali un atteggiamento di superiorità. L’uomo ha sfruttato gli animali per il proprio sostentamento; questi ultimi hanno perso nel tempo la loro natura istintiva a selvaggia: sono stati trasformati in animali domestici. Oggi con l’innovazione tecnologica sono ulteriormente state modificate le loro abitudini alimentari come anche le loro caratteristiche fisionomiche. Siamo anche arrivati a imporci sulla genetica degli animali tagliando loro orecchie, code e stabilendo l’accoppiamento tra animali di una stessa razza. La loro libertà originaria è stata limitata, trasformata, annullata. Ciò che non siamo riusciti ancora a modificare, è tuttavia la loro capacità di relazionarsi con l’ambiente. “La via dei cani” ne è un esempio: se pur addomesticato e costretto entro i limiti imposti dai recinti, questo animale, il cane, riesce a conservare la propria natura e il proprio istinto percorrendo territori e creando strade. Le strade si formano giorno per giorno, ripetendo lo stesso itinerario per abitudine, con il risultato di avere a disposizione vie più facilmente praticabili, sicure, già provate. Così facevano i cani prima di diventare gli animali domestici che conosciamo e così continuano a fare animali che in altri luoghi vivono ancora allo stato brado. (Valentina Lanzara)




domenica 30 maggio 2010

RECINTO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



In principio fu...l'istinto (?).

Milioni di anni fa il primate vive con gli altri coinquilini terrestri, piante e animali.
In un ambiente già biodiversificato, quotidianamente fa i conti con la sua sopravvivenza, coesiste, lotta e resiste ai processi di selezione naturale.

In seguito fu il recinto.

Quando l'uomo scopre l'importanza dell'agricoltura e dell'allevamento, passa da una fase in cui è lui a doversi adattare a tutto ciò che lo circonda, ad un processo d'appropriazione e controllo del territorio, ponendosi gradualmente in una posizione di potere rispetto alle altre specie viventi e simultaneamente producendo differenze sociali: si passa da un'economia di sussistenza ad un modello di crescita basato sull'accumolo di bene.
L'uomo ha ora un nuovo status sociale: ha la proprietà di un recinto, sulla quale ha il potere di dirigere risorse umane e materiali.
Solcare un confine tra Un interno e l' esterno ha dato origine alla dicotomia oppositiva cultura-natura, nella quale l'uomo si sente demiurgo e governatore.
Tutti i meccanismi di selezione sembrano ora essere nelle sue mani e direttamente proporzionali al dictat economico.

E furono i confini.

L'uomo modifica e controlla il territorio definendolo giuridicamente, stabilendo così il ruolo del singolo individuo rispetto alla comunità di appartenenza, e la stessa rispetto alle altre comunità.
Il recinto si allarga e prende la forma della frontiera: immaginata, percorsa o rivendicata.

martedì 25 maggio 2010

MISTICANZA

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



Se la cultura diventa commestibile. Misticanza. Con mestica si può indicare la miscela di colori sulla tavolozza del pittore. Dunque mesticare mescolare e dunque mesticanza mescolanza. La tradizione popolare delle campagne laziali ha conservato quest’ usanza antica e stagionale come ha fatto con poche altre. Tarassaco. Cicoria. Papavero. Pimpinella. Crespigno. Raponzolo. Valerianella. Porcacchia. Campi, terrazzi, cigli delle strade, fessure tra i mattoni i loro habitat. Una capacità di adattamento straordinaria e una forza notevole. E l’ uomo odia questa prepotenza. Ma vincono loro, da sempre. Convivendo in una callosa eterogeneità sono state abbandonate dagli usi indispensabili e quotidiani, quasi per una rivincita su di esse. Ma neppure l’ ignorarle e considerarle “erbacce” ha potuto sradicarle dal paesaggio fisico, anzi le ha fatte ancorare al paesaggio culturale ancor più dei “fiori per i giorni speciali”. Una miscela di piante diverse. Cosa in più del semplice minestrone? La loro spontaneità contro ogni ostilità artificiale o naturale, o assieme storica. Ignoranti di recinti o recinzioni, non curanti di sentieri o passaggi, sembrano non morire mai ma rinascere sempre. La non coltura vegetale, quindi materiale, di una cultura tradizionale, quindi immateriale.

CORNACCHIA


Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



In questo punto, una mattina di fine marzo, è stato ritrovato morto un esemplare di Corvus corone cornix, noto anche come Cornacchia Grigia. Il ritrovamento, tutt’altro che straordinario data l’abbondanza di questa specie nel centro Italia, ha rappresentato un esemplare punto di riflessione sul tema della morte.
La cultura occidentale (e i suoi modelli), impegnata con tutte le sue forze a dominare l’irrazionalità, è inevitabilmente modellata da un antropocentrismo che snatura la morte come parte del processo vitale, e la inscrive in una dimensione cultuale.
Quanto detto è di fatto la negazione della morte, da parte dell’uomo politico, come negazione stessa del corpo e della nostra radice biologica,
tipico delle religioni, al quale si contrappone il razionalismo scientifico.

Nonostante quanto detto, è indubbiamente suggestivo osservare le specie animali e vegetali compiere il loro ciclo vitale. L’intimo rapporto tra l’ontogenesi ed il ciclo evolutivo di un singolo essere vivente, mostra una mappa chiara di come le specie ritualizzano, in modo più o meno cosciente, ogni fase della loro esistenza. Per quando riguarda l’uomo, il corollario del proprio ciclo vitale biologico è legato alle credenze, agli usi e costumi delle diverse realtà sociali, le quali sconosciute al mondo animale e vegetale, sono sostituite da comportamenti istintivi dettati quasi unicamente dal processo evolutivo.

COCUZZOLO

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010




Dal “cocuzzolo”, il picco di una bassa collina dalla quale è possibile osservare l’intero campo a nord della Fondazione, si ha l’illusione di poter controllare la crescita, il cambiamento e l’evoluzione delle specie che lo abitano. La saggezza convenzionale con la quale ci illudiamo di rispettare ogni altra forma di vita ed in particolare le specie vegetali, è spesso il frutto di un articolato stratagemma dell’opulenta società contemporanea. Cambiamenti vengono oggi pensati dall’uomo quali lungimiranti soluzioni ai problemi ambientali, rimedi necessari ad arginare una eco-emergenza che investe tanto l’ambiente quanto, indirettamente, l’uomo.
Il disagio della società industriale nell’interpretare un ruolo improprio alla sua natura, palesa una tendenza antropocentrica nella ricerca di possibili soluzioni. Quando detto implica una propensione globale ad assumere un comportamento attento alle necessità dell’uomo mediate l’ambiente, e non il suo opposto. Il valore della società moderna nel suo ecosistema è indubbiamente incalcolabile, diversamente dal suo opposto in cui una civiltà stima, con metodo scientifico, il valore fisico dell’ambiente in cui si trova.
Consapevolezza, sensibilità e salvaguardia dell’ambiente, sono per l’uomo una necessità essenziale. I molteplici significati dell’ambiente, sempre in trasformazione, sono una questione non soltanto da comprendere ma da produrre, da fare, non dimenticando che parte di questi significati sono espressioni di modelli culturali della società che li produce.
Possiamo pensare all’ambiente non in relazione alle nostre necessità? Come scriveva il padre del pragmatismo William James “Il vero è solo il conveniente nel campo del pensiero, come il giusto è il conveniente nel campo del comportamento”.



sabato 22 maggio 2010

Terramadre



Sei tornato all'evento La Settimana della Biodiversita', portandoti dentro le domande maturate il giorno prima.
Sei andato ad ascoltare la tavola rotonda dell'Accademmia Americana a Roma: un esempio di sostenibilita', seguendo un suggerimento di Silvia, un'amica e coadiuvatrice dell'evento, in quanto una delle relatrici era Alice Waters, fondatrice della Chez Panisse Foundation e vice presidente di SlowFood International.

Si presentava qui' il lavoro svolto dall'organizzazione dell'American Accademy per trasformare la loro mensa grazie al contributo di una chef che ha rivisitato e setacciato le catena di produzione della regione in cerca di ortaggi, pasta, vino e olio locali e organici.
Il tutto risulta in un menu' tipico romano, con ingredienti 'romani'.
Interessante constatare che questa operazione posta come esempio sia stata scaturita da una volonta' non indigena, che con grande maestria rivaluta e apprezza la varieta' e validita' della cultura gastronomica romana.

'In america stanno succedendo cose molto importanti, e noi in Italia dobbiamo prendere esempio', ha detto Carlo Petrini in piu' di un'occasione, giovedi' e di nuovo ieri, in un'altro incontro a cui hai partecipato, dove il film di Olmi, Terramadre, e stato preceduto da un dibattito.
Gli esempi mediatici della First Lady americana, che in uno dei sui primi interventi publici dopo l'elezione di Barack Obama come presidente, ha piantato un orto biologico nei giardini della casa bianca e' emblematico allora, e non solo political correctness.

Hai di nuovo sentito parlare Petrini allora, e le tue domande antagoniste ti si sono in qualche modo morte in gola.
In discorsi di corridoio con una giornalista hai ridimensionato il tuo approccio. Con Gabriella si e' preso coscienza di un aspetto molto importante di cio' che SlowFood e Terramadre stanno facendo, al di fuori dai discorsi miopi di politiche locali, non bisogna perdere d'occhio l'obbiettivo finale.
Il trasversalismo professato da Petrini con i vari collaboratori crea, a parole sue, un' austera anarchia, dove le varie parti vengono rappresentate in qualsiasi forma possano proporre, in quanto la meta non e' politica, ma sociale, di rivalorizzare la produzione primaria indipendente come l'unica vera soluzione al sostentamento effettivo, di tutte le popolazioni mondiali.

Al momento ti basta questo.

venerdì 21 maggio 2010

Slow food talk


Questo e' l'anno della biodiversita', dichiarato dalle Nazioni Unite.
In concomitanza con questo evento tutto il mondo sono sbocciate varie iniziative, conferenze, esibizioni e tavole rotonde.
Al momento Roma ne e' partecipe con vari eventi, tra cui quello che sembra sia il piu' ufficiale che comprende una serie di (appunto) conferenze, tavole rotonde e mostre interattive, ma anche concerti rassegne cinematografiche e attivita' per ragazzi sotto la bandiera dell'iniziativa la Settimana della Biodiversita': alla scoperta dei legami tra cultura, cibo e natura, all' Auditorium.
Ieri hai partecipato alla presentazione del libro Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, di Carlo Petrini.
Conosco il lavoro di Petrini da anni e avere la possibilita' di vedere parlare questo personaggio molto importante ti interessava tantissimo.
Petrini e' praticamanete l'ideatore di quello che poi e' diventato una rete internazionale, SlowFood.
Dal tuo ppunto di vista una soluzione mediatica ammirevole, questo personaggio ha saputo raccogliere l'istinto di soppravvivenza culturale locale sotto la bandiera del cibo. Di li' la struttura complessa ed orizzontale creatasi ha poi sboccato nell'istituzione di un network internazionale devoto alla salvaguardia delle diversita' regionali di tutto il mondo: TerraMadre, con oltre 155 stati rappresentati da piccoli coltivatori e produttori.
Nelle sue stesse parole la voglia di prepontemente ottenere una rilevanza economica attraverso una politica partecipativa, ha potuto raccogliere i consensi e le energie di molti, tanti, lontani e vicini.
Ammirevole, una rappresentanza economica attraverso una democrazia orizzontale, dove le varie peculiarita' locali sono protette dai lobbisti delle multinazionali che vogliono registrare marchi e piante, piatti e usanze con il fine ultimo di esclusivita' di guadagno.
Non sei potuto rimanere fino alla fine, in quanto le possibilita' di trasporti publici per tornare nella campagna romana non te lo hanno permesso. Hai lasciato un registratore con un'amica perche' raccogliesse il resto dell'incontro che vedeva Petrini confrontarsi con il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, su tematiche svariate come la rilevanza sociale degli orti urbani, della lottizzazione selvaggia a scopi di lucro nel mercato immoboliare, e meccanismi efficaci di democrazia partecipata a livello locale.
Hai lasciato prima che fosse stato possibile fare domande, se mai ti avrebbero dato la possibilita'.
Da bravo eretico e avvocato del diavolo, avresti voluto confrontare Petrini con delle domande che tanti si pongono fra ristoratori e produttori:
Leggevi sulla Repubblica del 15 maggio della mossa politica dell'organizzazione SlowFood, che e' in processo di creare realta' rappresentative a livello locale tramite la propria rete di iscritti.
Da voce di contadini SlowFood vuole diventare voce politica.
Interessante questo salto, da realta' extraparlamentare si vuole qua' entrare nella mischia, pensando effettivamente di poter tenere la bandiera pulita e ritta.
Se l'idea di democrazia orizzontale ha portato SlowFood ad essere cio' che e', com'e' possibile pensare che una rappresentanza politica rimanga indipendente e extra-parlamentare?
E poi ancora, SlowFood e' diventato di fatto un marchio, con processo di autenticazione non diverso dal D.O.C. e altre mafiosette di rappresentanze di mercato, al punto che due anni fa', in Nuova Zelanda, in un supermercato hai trovato un pacchetto nella sezione cibi precotti con la chiocciolina SlowFood... SlowFood da riscaldare nel micro-onde..
Ma ci vogliamo prendere in giro?

Ora, nulla di questo toglie dal mio rispetto verso le idee e la rilevanza dei discorsi di SlowFood, che fra l'altro ha fra i loro sostenitori e ideatori strutturali gente come Vandana Shiva.
E nulla toglie dalla necessita' di trovare delle forme partecipate ed effettive per contrastare lo strapotere delle multinazionali a livello politico locale e globale tramite i loro lobbisti, non e' mai tutto oro quel che luccica, ma sicuramente si puo' notare la differenza fra oro finto e carbone acido, quindi, ritornerai oggi, per ascoltare ancora.

domenica 16 maggio 2010

Cultura-Natura

Oggi domenica 16 maggio abbiamo presentato il nostro lavoro, ed e' stato fantastico, l'interesse e gli apprezzamenti erano onesti e sentiti.
Altri scriveranno di cosa e' successo oggi, mentre tu vorresti proporre uno scritto che Francesco de Santis (vedi questo articolo) mando' un paio di settimane fa', a seguito di una nostra richiesta di contributo a questo blog. Sfortunamtamente questo testo fu' perso temporaneamente, ma ora ritrovato con piacere proponi.

Estremamente chiaro e scorrevole, de Santis riesce qui' sotto a presentare una lettura della relazione fra societa' e natura, dalle radici ad ora.
Il testo finisce con l'affermare che solo l'arte puo' dare nuove letture e soluzioni all'antropocentrismo odierno.
Tu non sei totalmente daccordo su questo punto, da artista non credi che una singola sfaccettatura culturale possa raggingere tanto, a meno che non abbia il supporto della comunita' nella sua ampiezza.
Ma poi allora il distacco attuale viene colmato da tutti, non solo dagli artisti.
Ringrazi Francesco per questo testo

Il Paesaggio e l'Estetica

Il mondo, quello che diverrà poi fruibile dall'uomo, dopo un'iniziale fase d'inospitalità e dopo un lungo periodo d'incubazione della vita, letteralmente esplose. Dalle microscopiche alghe si passò presto a gigantesche masse vegetali che coprirono le terre del nostro pianeta ed equilibrarono con l'ossigeno, utilizzabile poi dalle forme animali, un'atmosfera satura d'anidride carbonica. Foreste e praterie si riempirono di vita in scenari simili a quelli che noi oggi possiamo ancora ammirare. E' in questi ambienti che più tardi fece la comparsa l'uomo. Immerso nella più rigogliosa natura, visse inizialmente da succube e intimorito iniziò a decifrare i misteri della natura. Con lenta e costante applicazione si dotò delle leve che gli permisero di portare cambiamenti al mondo naturale che lo circondava e modificazioni più adatte a fornir vantaggi in un vivere arduo, colmo di insidie e di incertezze del futuro. Scoprì come addomesticare gli
animali e divenne allevatore, come coltivare i vegetali e divenne agricoltore. Il paesaggio sotto le
motivazioni del suo vivere cambiava di forma da vergine a colturale; le foreste si mutavano in selve, le praterie divennero campi agricoli. L'evoluzione era innescata; mutavano bisogni umani ed avanzavano le conoscenze. Per l'ottimizzazione delle attività produttive, l'insediamento abitativo si differenziava in rurale ed urbano e tra campo e città si tessero rapporti intimamente legati da mutue necessità. Il paesaggio delle forme primitive, naturali e primarie mutato in colturale, diventava anche luogo culturale e la parziale antropizzazione, anche se lasciava ampie zone di vita spontanea, sfigurava e configurava i luoghi. Il paesaggio diventava in toto opera dell'uomo. Nel corso della sua storia l'uomo sempre è intervenuto sulla natura, per la soddisfazione dei suoi bisogni; l'ha modificata e ne ha trasformato il suo primitivo aspetto, di
volta in volta giungendo a situazioni di nuovo equilibrio. Ma le pulsioni del progresso sono inarrestabili e alle condizioni di equilibrio stabile tra uomo rurale e natura si aggiunsero le necessità industriali che l'economia portava come inderogabili. Presero il sopravvento sulle attività in equilibrio con la natura, come la pastorizia e l'agricoltura, quelle industriali che più avvantaggiavano l'economia e che, in modo completamente imprevisto perché i limiti della natura non erano noti, contemporaneamente squilibravano il rapporto uomo-ambiente. Il paesaggio si degradò molto rapidamente, si degradò “industrialmente” e per correre ai ripari si formularono i concetti di “salvaguardia”, “tutela”, “protezione” e similari. Si incrementarono le aree verdi cittadine e si volle una tutela progettabile per una “natura” la cui funzione rimaneva essenzialmente e comunque asservita all'efficienza sopratutto degli uomini produttori. Malgrado la pace delle coscienze è l'impasse! Per dirla con le parole di Rosario Assunto: natura cittadina “...che sta alla realtà del paesaggio e del giardino, come l'unione amorosa verace sta all'accoppiamento... con le fanciulle pneumatiche”. Il superamento si trova nell'Arte del Vivere figlia dell'arte tout court ! Arte, antidoto della produttività di massa e per la massa, arte, la sola che possa riportare, in cornice estetica, equilibrio all'equazione natura = vita. Arte che toglie il recinto al giardino, trasforma in Eden il paesaggio e conduce oltre le salvaguardie, verso simbiosi uomo-territorio che, fuori d'ogni degrado psichico e materiale, trovano compenso dal canto degli uccelli, dal profumo dei fiori e dai colori delle loro corolle.
Francesco de Santis

FORMICHE

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



formica: insetto imenottero di piccole dimensioni, con corpo snello, capo grosso, addome peduncolato; vive in comunità organizzate, costituite da individui differenziati (maschi e femmine, con le ali; operaie, senz’ali). Dal dizionario alla terra.
punti di vista: imparare ad osservare ciò che non è alla nostra altezza. L’altezza è in fondo relativa. Chinarsi ad osservare la macchia stonata di un prato, dove l’erba si dirada. Si apre un
mondo dislocato:
comunità di individui intenti nella costruzione del proprio presente e quindi del futuro, in un lavorio intenso e ritmico nel suo moto labirintico, nel trasporto di cibo. Previdenza per un inverno che come ogni anno ritorna. Ogni individuo lavora in funzione del benessere della comunità. Le strutture abitative dove vivono variano notevolmente in relazione al materiale che trovano e al clima di un determinato ambiente. Di conseguenza, anche la loro organizzazione sociale varia notevolmente da gruppo a gruppo e pertanto le loro abitudini sono varie. Gli individui passano il tempo in cui non nutrono la prole o raccolgono il cibo nell'ambiente esterno, dedicandosi alla cura del corpo o al gioco. Poche parole: comunicano fra loro mediante l'invio nell'ambiente di una sostanza chimica volatile che percepiscono per mezzo dell'olfatto. Cosa abbiamo appreso? - Una umana descrizione, che poco calza all’uomo odierno. - La descrizione di un insetto, del misero per noi, per antonomasia. - Che l’uomo può essere più misero della formica stessa. Ma non per questo siamo pessimisti.
Dalla realtà al mito…e viceversa:
i Mirmidoni, antico popolo della mitologia greca, discendevano dalle formiche, trasformate in uomini da Zeus per preghiera di Eaco, per ripopolare l’isola di Egina devastata da una pestilenza. Seppure la miseria devastasse il mondo, il misero darebbe nuovo inizio.

domenica 9 maggio 2010

Incontro con Alfredo Pirri

Il paesaggio delle opere

Considerare l' ambiente (lo spazio) come paesaggio.
Considerare il paesaggio come come stratificazione di eventi e rapporti umani e naturali.
Considerare l' arte come evento in un ambiente.
Questa si colloca nel paesaggio e fa paesaggio.
Pirri crea contemporaneamente opera e paesaggio, con un intento continuo di dialogo tra architettura, immagine, ambiente.
Tra i lavori illustrati dall' artsita durante l' incontro esempio per noi può essere "via d' ombra" : un percorso nel bosco di bambù di Villa Medici a Roma (2000) che scorre là dove questa pianta infestante non cresce perchè ferita dall' ombra, dal buio.
Quindi un' opera in un paesaggio artifiale, naturale, storico e spontaneo (almeno in parte) che non è sfondo nè cornice, non è quinta nè piedistallo, ma corpo vivo dell' "evento-opera" in sè.

sabato 8 maggio 2010

cibandosi d'arte



Indaffaratissimi a scrivere, preparare immagini e mappe, organizzare comunicati stampa e controllare links, non abbiamo piu' scritto questa settimana, e quindi eccoti qua', proponendo al blog un lavoro di un'artista canadese, Nicole Fournier, che in qualche modo si avvicina molto a cosa state preparando per domenica 16 maggio.
A te era piaciuto molto il lavoro svolto nel 2007, parte di Artivistic 2007, dove gli spettatori dell'evento venivano invitati ad una cena, organizzata in uno spazio pubblico dove le piante dell'area venivano raccolte, preparate e mangiate sul posto.

Varie implicazioni di sostenibilita', orti urbani, riconoscimento di risorse disponibili eccetera venivano interpretati in un'atmosfera festiva e appagante.



Oggi ci apprestiamo ad incontrare Alfredo Pirri, rinomato artista romano, che ci presentera' un'interpretazione del suo lavoro, che in alcune forme ha voluto interpretare 'l'interrelazione tra cultura e natura'.

giovedì 29 aprile 2010

misticando

Si confabula e organizzza per una giornata aperta al pubblico, La Giornata Della Misticanza, dove si fara' tappa presentando il percorso.
Le idee sono tante e le energie abbondano.
Si sta' preparando anche altri incontri, ma nel frattempo siamo andati a raccogliere le protagoniste della nostra avventura gastronomica.



qua' si vede Elettra che raccoglie foglie di papavero per la misticanza che abbiamo qua' sotto.
Buonissima, la prossima volta pero' ci si mette meno crespigno e le foglie di papavero si usano solo quelle tenere. Tutto sommato pero', fantastica!


sabato 24 aprile 2010

il blog si arrichisce

Ci siamo detti: ma perche' non facciamo una pagina con le piante della Fondazione visto che sono i soggetti di cio' che si parla qua' sul blog?
..e una pagina sulle ricette?
e una come vocabolario dove si intrufolano i termini chiave di questo percorso?
Detto fatto, qua' sopra abbiamo elencato le tre pagine dedicate alle speci, alle ricette e ai termini.
Si parlava anche di farne una dove si elencavano i progetti artistici, ma ancora non siamo sicuri di cosa metterci.

Quindi, le piante stanno popolando l'erbario, e facendo le varie schede hai anche dato una locazione di dove trovarle in Fondazione, che porta ad una considerazione, forse ci vorra anche una mappa virtuale..
Per quanto riguarda le ricette Letizia si e' indaffarata a creare una pagina simpatica e vivace, un'umorismo ben accolto per contrastare alcuni articoli tuoi, che a volte tendono al drammatico.
E questo ti porta a Transition Town, Citta di Transizione, e in particolare al vademecum di questo movimento che si sta' allargando a macchia d'olio, dove la comunita' si fa' proattiva nel prendere atto degli sprechi sociali per trasformarsi in nuclei sostenibili.

Non serve a niente buttarsi giu' davanti al disastro ambientale, anzi, tanta gente, anche in Italia, si sta' organizzando per riscoprirsi efficaci e sostenibili, vedi la delibera comunale del Comune di Monteveglio, Provincia di Bologna (Pdf, 46kb)

Ora, per capire bene cosa sta' succedendo, e la televisione non dice, bisogna cominciare con lo spiegare, in italiano, che cos'e Peak Oil, cliccate e buon viaggio.

venerdì 23 aprile 2010

Questo e' l'anno dei Gerani




Cosi' ha detto Francesco DeSantis, ed effettivamente il prato ne e' pieno.
Gli anni cambiano, e le rappresentanze botaniche si adeguano, alcuni anni ci sono piu' di un certo tipo, altri anni certe speci non si trovano proprio.
L'anno scorso c'era una rappresentanza vistosa di carotoni, Daucus carota, ed il perche', ti spiegava tua madre, bisognava ricercarlo nella successione climatica: l'anno scorso ha avuto una primavera molto piovosa, seguita da un'estate estremamente secca. L'acqua c'era, ma era scesa bassa nel terreno, e le piante con radice lunga hanno potuto trarne vantaggio e fiorire rigogliosamente.

Martedi vi siete trovati per l'incontro settimanale e si e' discusso a lungo su possibili concretizzazioni di questo viaggio investigativo, con i pro e contro di una o l'altra iniziativa.

Si e' discusso il ruolo della Fondazione davanti a questo progetto che mira ad un' apertura populista e non del tutto atipica: una Giornata della Misticanza.
Le obiezioni da un punto di vista qualitativo delle investigazioni artistiche sono valide, con tanto di esempi di progetti simili in altre locazioni, anche se loro si interessano piu' del cucina-guarda-apprezza-mangia (vedi artedamangiare.it).
Eppure, nonostante tutto, il modo migliore di esporre cio' che si e' valutato e' proprio una semplificazione di contenuti.
Dal tuo punto di vista l'Arte Contemporanea deve essere rivisitata in tutti i suoi sprechi, tanto quanto il nostro vivere quotidiano di condizionatori d'aria, di macchine veloci, telefonini alla moda e piu'.
Tu come artista proponi una provocazione non indifferente, tanto quanto altri gia' stanno facendo, come WorldWatch per esempio, l'associazione indipendente di analisi globale stimata in tutto il mondo per la loro obbiettivita', che hanno deciso di non publicare piu' il loro bimestrale cartaceo, subito dopo aver reso publica l'ultima analisi, State of the World.
I motivi dell'abbandono del formato cartaceo sono presentati come economici, peccato, hanno perso la possibilita' di dire qualcosa di piu' con il loro esempio. Le loro parole sono pero' autorevoli e punto di riflessione.

Riporti qua' una tua traduzione dall'introduzione allo studio:

Nel 2006, la popolazione mondiale ha speso 30,5 miliardi di dollari in beni e servizi.
Nel solo 2008 sono state acquistate 68 milioni veicoli, 85 milioni frigoriferi, 297 milioni computer, e 1,2 miliardi di cellulari.
Il consumo è cresciuto notevolmente negli ultimi cinque decenni, un aumento del 28 percento rispetto al 23.900 miliardi dollari spesi nel 1996 e fino a sei volte dai 4.900 miliardi dollari spesi nel 1960.
Alcuni di questi aumenti derivano dalla crescita della popolazione, ma quetsa è cresciuta solo di un fattore di 2,2 tra il 1960 e 2006, mentre le spese di consumo per persona sono triplicate.
Trasformare le culture non è, ovviamente, un compito facile. Tutto ciò richiederà decenni di sforzi in cui pionieri culturali, quelli che possono uscire dalle loro realtà culturali sufficientemente da esaminare criticamente la societa' del consumo, dovranno lavorare instancabilmente per reindirizzare punti nevralgici dove la cultura si forma: istruzioni, imprese, governi e esercizi mediatici, nonché movimenti sociali e le tradizioni umane a lungo andare.
Deviare e reindirizzare queste agenzie culturali sarà un cambiamento fondamentale se l'umanità vuole sopravvivere e prosperare nei secoli e millenni a venire, e dimostrare che "vale la pena di salvarci."

Si puo' scaricare il trattato per intero qua'

La foto sopra tu, come artista, la leggi come una scoperta, una sorpresa, una considerazione, una rivisitazione, un prender atto di..

comments welcome

mercoledì 21 aprile 2010

Kekís


Cos’ è quella “cosa” rossiccia e lucida, strana e deforme, grande come una noce e “ancorata” ad un rametto secco di quercia, che rischiavamo di calpestare nel parco-giardino della Fondazione?

Non è un frutto. Non è un fiore. Non è un fungo. Neppure un animale e neanche plastica.

E’ una galla o cecidio( dal greco kekís / kekîdos. Zoocecidio se di origine animale; fitocecidio se di origine vegetale), una piccola meravigliosa mostruosità della natura: possiamo infatti considerarla un “affascinante tumore vegetale” ( escrescenza ipertrofica o iperplastica): un attacco parassitico di funghi o batteri che ricavano la loro sede di sviluppo, o la deposizione di uova di insetti che creano il “nido” per le loro larve, fanno letteralmente “impazzire” la produzione delle cellule di foglie, rami o radici in cui hanno prodotto o iniettato sostanze chimiche e velenose.

In Italia le quercie sono la specie prediletta soprattutto da alcuni simpatici e mefistofelici insetti simili ad una vespa della famiglia delle Cynipidae.

Questi rigonfiamenti contengono acido gallico ricco di tannini e le soluzioni acquose in esso contenute ossidandosi all’ aria, donano un colore bruno-rossastro alla superficie esterna, a volte leggermente collosa.

Esistono varie tipologie di galle a seconda del parassita e della pianta.

Creare una malattia per assicurarsi la vita. Quasi paradossale ma incredibilmente naturale.

E sembra capitare per caso quest’ incontro curioso e accidentale dopo aver discusso a lungo sul diabolico punteruolo rosso…

Concrete Island

E' in vigore nella regione Lazio la Legge Regionale n.10 del 02-04-2003, secondo la quale, nelle aree naturali protette individuate dal piano regionale, è vietata qualsiasi attività edilizia.
Dai discorsi affrontati nell'ultimo incontro in fondazione, emerge che tale attività minaccia comunque il parco di Veio. Questo ha indotto una riflessione sull'edilizia in tutta la campagna laziale, e sulle problematiche che coinvolgono il paesaggio dell'intera regione.

"Le città si mangiano il terreno agricolo. Sembra che quei terreni intorno alle città stiano lì ad aspettare. Se producono agricoltura, se sono paesaggio, valgono poco, se si decide di costruirci sopra, all'improvviso valgono di più.[...]"

Questo emerge dall'indagine Il male comune, condotta da Michele Buono e Piero Riccardi ed andata in onda su Rai3 nella puntata di Report del 31-05-2009.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-65b551de-163c-438a-a4ec-d7f1bcc8b383.html?p=0

Alla luce di questo video, rileggo alcune parole di Massimo Venturi Ferriolo:
"Paesaggio non è una nozione. Eric Dardel lo considera espressione fedele dell'esistenza: una verità rivelata nel paesaggio, non come teoria geografica o valore estetico. Per gli antichi era l'ambito complessivo della vita umana."

Conclusioni tutt'altro che rosee.
Se il cemento modifica il paesaggio urbano alienandone i confini e facendolo sconfinare nella campagna, allo stesso modo annulla la campagna rendendola periferia urbana. Il risultato è un non luogo. E' lasciare che l'ambito complessivo della vita umana sia nient'altro che grigio.

...Che lo sguardo dell'arte non possa cambiare questi colori?

lunedì 19 aprile 2010

Incontrando i botanici


Un fantastico fine settimana, ricco di stimoli e discussioni.
Domenica si e' organizzato un incontro in Fondazione con due persone squisite, ricche di sapere locale sul paesaggio, e veramente disponibili a discuterne gli aspetti:
Maria Elisabetta Aloisi Masella
Operatrice presso l’Orto Botanico di Roma dal 1984, collabora da diversi anni con il Corpo Forestale dello Stato e l’ Università “Sapienza” di Roma. Ha partecipato come ospite a diverse trasmissioni televisive sul tema della botanica, e si è occupata dell’organizzazione di convegni e seminari sul tema.
Dal 2009 collabora alla realizzazione di visite didattiche presso il Parco Naturale di Veio.
Francesco De Santis
Ingegnere attivo da anni nel campo della botanica e dell’agronomia con specifico interesse per lo studio delle palme e del loro ecosistema. Ha lavorato in Costa d’Avorio, Liberia, Niger, Togo, Benin, Gabon, Ghana, Nigeria, Mauritania, Sierra Leone, Guinea, Francia, Belgio, Spagna, Isole Canarie, Tailandia, USA stato di N.Y., USA stato della Florida. Dal 2001 al 2005 ha tenuto lezioni e seminari presso L’università di Palermo, dipartimento di Scienze Naturali. Ha pubblicato recensioni per Il Sole 24 ore, Giornale di Sicilia, La stampa, D di Repubblica, Gardenia e Il Carabiniere.

All'incontro hanno partecipato poi anche Carla Subrizi, Gianfranco Baruchello, i membri del gruppo di lavoro che ti sta' accompagnando in questa residenza e te.

Il tema dell'incontro era di stabilire contatti piu' solidi con Franceso De Santis e Maria Elisabetta Aloisi Masella, continuando l'impegno della Fondazione, tramite il progetto Dislocazioni, di formulare una rilevanza locale nella realta' regionale dove si trova, Parco di Veio, campagna Romana a nord della citta'.
Abbiamo trovato subito punti di interessi comuni, il paesaggio che ci sta' attorno, e il dibattito ha snocciolato alcuni aspetti importanti per quanto riguarda la 'rilevanza' locale.

Per presentare il tuo ruolo in tutto questo agli ospiti hai voluto riflettere sulla tua pratica artistica, in modo da chiarire a validare il tuo processo investigativo.
Vedi l' articolo precedente dove hai riportato il tuo intervento per intero.

Ora, di qua' continuate. I discorsi sbocciati sul ruolo dell' arte nei mecchanismi della gentrificazione speculativa verranno ripresi e elaborati, la presenza del nuovo problema ecologico rappresentato dai Rincofori, insetto tropicale che sta' decimando la maggior parte delle palme dell'Europa, sara' messo in contesto in una piu' grande realta' di degrado ambientale, e il ruolo che una Fondazione artistica dedicata al paesaggio, territorio e il rapporto fra uomo e natura verra' definito e ridefinito discorso dopo discorso, discussione dopo discussione, in modo da realizzare un'arte con una rilevanza vera, non esoterica, filosofica e/o estetica.

Un'arte instigatrice e partecipe in un processo di co-adiuvazione sociale mirata a creare delle nuove dinamiche di sostenibilita'.

Tutto questo organizzando un prossimo incontro dove i partecipanti si potranno abbuffare di Misticanza, un ricetta locale che si basa su cio' che la natura offre in questa stagione.

Dettagli fra poco, ricetta qua' sotto, offerta da Federico, romano, operatore sociale che lavora con i ragazzi del campo Rom qua' a Prima Porta:

MISTICANZA

Misticanza, sta a significare mescolanza, ed e' un insieme di verdure servite crude. Le verdure non sono sempre le stesse e cambiano a seconda della stagione e della disponibilita'.
Nella misticanza entrano prima fra tutte la cicoria di campo, poi il crespigno (o crespino o lattuca pungente), il caccia-lepre, la cresta di gallo, il dente di leone (o pisciacane o tarassaco), la pimpinella, i raponzoli (o rapenzoli), l'erba noce (o erba s. pietro), la cipiccia (lattughetta o radicchiello), la valerianella (dolcetta), la papala (pianta di papavero), il cordone del frate, l'orecchio d'asino, l’indivia, l’erbanoce, la porcellana, la rughetta e i cuori di lattuga.


Ma tu, che arte fai?

Riporti qua' copia dell'intervento introduttivo preparato per l'incontro con Francesco deSantis e Elisabetta Aloisi Masella.
In prima persona:


Ma tu, che arte fai?

Vorrei qua presentare una piccola rassegna di interventi artistici dell'immediato passato cui io ho partecipato.

L'idea e' di creare un nesso fra quello che ho fatto finora con cio' che stiamo facendo qua in Fondazione, sotto l'auspicio del maestro Baruchello e della dottoressa Subrizi.

Presentero' due lavori in particolare; The hanging Gardens and Other Tales (I Giardini Pensili e altre Fiabe) e The Tour of Beauty ( Il Tour del Bello)

Tramite questi due lavori cerchero' di spiegare come mi muovo nel mondo dell'arte e con che mete.

Inanzitutto la maggiorparte del lavoro che svolgo lo faccio in collettive, poche volte lavoro da solo. Certo si puo' obbiettare che nessun essere opera in un vacuum, ma nel mio caso, spesso e volentieri non posso neanche rivendicare paternita' individuale di molti avvenimenti, in quanto la paternita' e' divisa e goduta da tutte le parti. La paternita' e' collettiva.

Questo da' luogo a tutta una serie di strane dinamiche di 'proprieta' artistica individuale' all'interno della paternita' collettiva, dinamiche discusse ed affrontate ripetutamente con i miei collaboratori e collaboratrici, ma non vogliamo parlare di questo.

Con questo intervento si vuole presentare il nesso, fra la mia pratica artistica e la Fondazione Baruchello.

Il mio interesse e' nell'ambiente, ma non nel senso di piante e animali e paesaggi da analizzare, catalogare e presentare in qualche forma esteticamente efficace. Il mio interesse non e' nell'esotico, nel lontano, selvaggio, puro, ancestrale, sacro.

Il mio intersse e' nell'ambiente che ci creiamo attorno, quello vero, qua'. Non piu' lontano delle nostre braccia.

L'ambiente di cui sentiamo l'odore quando alziamo le braccia, i micro-organismi che vivono nel sudore sotto le ascelle, esseri che vivono in simbiosi con il nostro corpo, e con cui abbiamo un tacito accordo importantissimo per la nostra soppravvivenza come specie.

Se non fosse per la miriade di organismi che vivono all'interno del nostro stomaco noi non riusciremo a digerire, non riusciremo a vivere. Lo stesso vale per gli organismi che vivono nei nostri polmoni, sulla nostra pelle, nel nostro sangue.

Noi umani non siamo solo 'noi', anzi. Il nostro cervello ci puo' illudere della nostra singolarita' egocentrica, dimenticandosi che 'noi' siamo una collaborazione simbiotica di individui.

Per estensione il mio lavoro.


The Hanging Gardens and Other Tales

Questo lavoro e' il frutto di una collaborazione fra me e due ragazzi fantastici Tessa e Karl, insieme Makeshift. Loro sono designers, insegnano anche all'universita' del NSW, e portano avanti anche una pratica all'interno della narrativa artistica da diversi anni.

Non avevamo mai collaborato prima, ma quando ci siamo conosciuti durante una mostra all'aperto che loro curavano, ci siamo piaciuti e ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa insieme.

L'anno dopo si e' presentata la possibilita'.

Questo lavoro e' il frutto di noi tre ufficialmente, ma di fatto non sarebbe stato possibile senza l'aiuto e l'energia di una quarantina di altri individui.

Tutti e tre abbiamo un grande interesse verso le piante, ed in particolare come la societa' si relaziona alle piante. Quindi l'idea di chiedere ai nostri amici, conoscenti, vicini nel circondario dove questa particolare istituzione si trovava, di presentarci le loro piante domestiche, quelle a cui sono affezionati, le amiche verdi.

Insieme alla pianta noi si chiedeva anche di compilare un modulo dove si chiedeva il nome della pianta, da quanto vive con loro, istruzioni speciali e un piccola storia sul perche' questa particolare pianta e' speciale.

Il risultato ci ha sorpreso e rallegrato immensamente, le piante hanno cominciato ad arrivare inincessantemente, tramite vie incredibili e impreviste. Avevamo puntato la luce su un'aspetto caro: quanto tanto amiamo la natura, anche se tutto cio' che abbiamo nella nostra vita in citta' e' una piccola piantina sul davanzale.


SquatSpace's Redfern-Waterloo Tour of Beauty

La realta' che ci sta' attorno. Il paesaggio sociale che c'e' non piu' lontano di dove finiscono le nostre dita.

Anche questo e' un lavoro collaborativo, fatto con un gruppo di ragazzi e ragazze con cui lavoro dal 2000. Il Tour of Beauty lo portiamo avanti dal 2005.

Nato come punto di riflessione sull'area di Sydney dove tutti vivevamo fino a pochi anni fa', un' area ad alta desita' di case popolari, con grandi problemi socio-economici e con delle sacche culturali spiccate, al momento per lo piu' Russi, Vietnamiti, Aborigeni e Libanesi cristiani.

Un' area molto vicina al centro di Sydney, che quindi ha sempre avuto gli occhi addosso degli imprenditori immobiliari, che hanno fatto pressione sul governo per far si' che le case popolari venissero smantellate, gli Aborigeni australiani dispersi con i loro problemi e che il resto delle culture fosse trasformato in 'valore culturale' in modo da creare un nuovo quartiere 'multietnico', 'colorato' e con un mercato immobiliare in forte crescita.

Questo processo si chiama gentrificazione.

Noi stessi di SquatSpace, nel giro di 4 anni non potevamo piu' permetterci di vivere in Redfern, gli affitti rincarati a livelli proibitivi. Redfern e' ormai per gli yuppies.

Nel processo di gentrificazione tanta gente viene spinta via, tante storie e collegamenti sociali vengono recisi. Per ceracre di dar forum a tutta la gente che non aveva voce in capitolo abbiamo iniziato i Tours. Prendiamo la gente dalla gallerie, conferenze, festival, dove siamo invitati con il nostro lavoro e li portiamo a vedere con i propri occhi la realta' di Redfern.

Non la realta' dei drogati e delle sommosse raziali, non la realta' delle famiglie di 12 in appartamenti di 3 camere, e la disoccupazione cronica, perche' questa e' la realta' offerta dai media.

Noi li portiamo a parlare con rappresentanti sociali che parlano di cooperazione, di volontariato, di storie di coraggio e speranza davanti a problemi seri e insormontabili. Gli facciamo vedere dei posti che loro di iniziativa propria non avrebbero attraversato.


Questo centra con la Fondazione.

Perche' qua' stai facendo bene o male lo stesso ragionamento. Certo avresti potuto venire qua' e portare grandi idee universali di estetica e filosofia. Ma io non faccio quel tipo di arte.

Io le grandi idee le cerco nel piccolo, nell'immediato, nel vero che ci sta' fra le ascelle e la punta delle dita.


Mi e' interessato molto quando sono venuto l 'altro anno, per una visita preliminare, vedere che c'era in atto una ricerca nel circondario, il progetto Dislocazioni, portato avanti da una serie di individui legati all fondazione. Una ricerca mirata a posizionare la Fondazione nella realta' geografica dove e' situata. Con questo in mente si sono venuti a conoscere I vicini, intervistandoli, si e' fatta ricerca sul parco di Veio, su Prima Porta, su formello, su chi ci vive e cosa fa'.

Venendo qua' ho proposto di continuare su questa direttiva e di agganciarmi a questa vena investigativa, per diversi motivi.

Primo perche' nella mia coscienza sociale e ambientale sono fra quelli che promuovono coesione locale. Se c'e' una cosa che l'uomo deve imparae a fare per far fronte al disastro che ci stiamo tirando addosso e' autosufficienza locale. Non sto' parlando di federalismo stile Lega, sto' parlando di dare forza alla propria realta' locale, perche' li' e' dove vivi.

Secondo perche' nel gruppo piu' immediato a te c'e' gia' tutto cio' che serve per una crescita armoniosa, di pensiero e di fatto. Parlare di arte e natura secondo me vuol dire imparare a rispettare cio' che c'e'. Il rispetto viene dal conoscere, il conoscere dall'ascoltare.

L' arte, forse, deve imparare a stare zitta, insieme a tante altre estravaganti esuberanze umane.

Forse come societa bisogna rendersi conto che i super eroi non sono mai esistiti.

Ma ci sono tantissimi personaggi di enorme importanza nella loro specificita' locale.

Due li abbiamo qua' oggi, grazie per accettare l'invito, Signora Aloisi Masella, esperta della botanica locale, e Ingegnere DeSantis, esperto di questo e altro.