martedì 25 maggio 2010

MISTICANZA

Testo scritto in occasione del progetto “Lanscape Joining The Dots” - 16 maggio 2010



Se la cultura diventa commestibile. Misticanza. Con mestica si può indicare la miscela di colori sulla tavolozza del pittore. Dunque mesticare mescolare e dunque mesticanza mescolanza. La tradizione popolare delle campagne laziali ha conservato quest’ usanza antica e stagionale come ha fatto con poche altre. Tarassaco. Cicoria. Papavero. Pimpinella. Crespigno. Raponzolo. Valerianella. Porcacchia. Campi, terrazzi, cigli delle strade, fessure tra i mattoni i loro habitat. Una capacità di adattamento straordinaria e una forza notevole. E l’ uomo odia questa prepotenza. Ma vincono loro, da sempre. Convivendo in una callosa eterogeneità sono state abbandonate dagli usi indispensabili e quotidiani, quasi per una rivincita su di esse. Ma neppure l’ ignorarle e considerarle “erbacce” ha potuto sradicarle dal paesaggio fisico, anzi le ha fatte ancorare al paesaggio culturale ancor più dei “fiori per i giorni speciali”. Una miscela di piante diverse. Cosa in più del semplice minestrone? La loro spontaneità contro ogni ostilità artificiale o naturale, o assieme storica. Ignoranti di recinti o recinzioni, non curanti di sentieri o passaggi, sembrano non morire mai ma rinascere sempre. La non coltura vegetale, quindi materiale, di una cultura tradizionale, quindi immateriale.

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